Amministratore di sostegno e fine vita:
la delicata questione
giuridica della cremazione |
Nel nostro ordinamento la figura dell’amministratore di sostegno è stata introdotta nell’ormai lontano 2004: a distanza di oltre quindici anni dall’approvazione della Legge 9 gennaio 2004, n. 6 è oggi possibile tracciare un quadro con riferimento alla maggior parte delle situazioni che coinvolgono i diritti patrimoniali ed anche personali o personalissimi del beneficiario. Tuttavia, resta ancora aperta – e di non agevole soluzione – la possibilità di scelta dell’amministratore di sostegno nel caso in cui l’assistito intenda farsi cremare e quindi far disperdere le proprie ceneri. Prima di (cercare di) rispondere al quesito, è necessaria una breve premessa sulla normativa di riferimento. Come noto, l’introduzione dell’amministratore di sostegno ha rappresentato una sorta di “rivoluzione copernicana” rispetto al precedente – rigido – sistema della «interdizione» e della «inabilitazione» (previsto dagli artt. 414 e ss. del codice civile), istituti alquanto invasivi che escludevano o che limitavano fortemente la capacità di agire dei destinatari (tuttora in vigore, ma ormai residuali). In estrema sintesi, si tratta di uno strumento pensato per difendere gli interessi, non solo economici, di persone in stato di incapacità, anche parziale o temporanea, di provvedere a se stessi o ai propri beni; esso non annulla i diritti, né esclude la capacità del soggetto beneficiario; segna il passaggio da una concezione di soggetto «incapace» a quella di persona – per varie cause – «vulnerabile»; un istituto duttile e flessibile, che può anche variare nel tempo ed adattarsi alle esigenze del caso concreto. Ciò che rileva – oltre ai criteri di scelta dell’amministratore di sostegno («… con esclusivo riguardo alla cura ed agli interessi della persona del beneficiario» – art. 408 cod. civ. – dal coniuge ai parenti fino al quarto grado o, in mancanza, altra persona idonea, che può essere anche il legale rappresentante di un’associazione o di un ente) – è il decreto di nomina dello stesso, nel quale sono elencati tutti i poteri (ed i doveri) di questa particolare figura (art. 405 cod. civ.): il nostro legislatore ha previsto un modello flessibile e quanto mai adattabile al caso concreto, che la giurisprudenza ha elaborato e precisato a partire dall’entrata in vigore della L. 6/2004. In linea generale, si può affermare che l’amministratore di sostegno ha il potere di compiere determinati atti (ad es., curare i rapporti con gli uffici pubblici e gli adempimenti fiscali, gestire i conti correnti, etc.) ed è soggetto a limiti di spesa periodici; di regola, l’amministratore di sostegno non è tenuto a compiti di cura della persona (a meno che non sia previsto nel decreto di nomina) ed ogni attività o spesa di natura straordinaria deve essere preventivamente autorizzata dal Giudice Tutelare. Sempre in linea generale, il beneficiario conserva la propria capacità di agire: al di là del compimento degli atti necessari a soddisfare le esigenze della vita quotidiana (con limiti di spesa periodici fissati dal Tribunale), egli – ad es. – può compiere atti personalissimi quali riconoscere un figlio legittimo, donare, sposarsi ed anche fare testamento. A quest’ultimo riguardo, va segnalato che la recente giurisprudenza della Cassazione ha comunque affermato la possibilità per il Giudice Tutelare di vietare al beneficiario di contrarre matrimonio (Cass. civ., sez. I, 11 maggio 2017, n. 11536) e di escludere la capacità di donare o di fare testamento (Cass. civ., sez. I, 21 maggio 2018, n. 12460). Ma, al di là di questi ultimi (pur importanti) sviluppi della giurisprudenza, resta in linea di principio la facoltà del beneficiario di fare testamento: come noto, questa rappresenta una della modalità – previste dalla legge (art. 79 D.P.R. 12 ottobre 1990, n. 285; art. 3, co. 1, lett. b] Legge 30 marzo 2001, n. 130; a livello locale, art. 6 Legge Provinciale 19 gennaio 2012, n. 1) – con cui un soggetto può disporre la propria cremazione e la dispersione delle ceneri. Nondimeno, anche a prescindere dall’amministrazione di sostegno, la disposizione testamentaria sulla cremazione presenta il concreto rischio di risultare tardiva, in quanto molto spesso la successione viene aperta diversi giorni (talvolta anche settimane) dopo il decesso. Per completare il quadro, va segnalata infine la recente legge sul c.d. “testamento biologico” (Legge 22 dicembre 2017, n. 219), con cui è stata introdotta la possibilità per un soggetto di prevedere le proprie disposizioni anticipate in ordine ai trattamenti sanitari (le c.d. «D.A.T.»). In questo nuovo contesto legislativo, è stata regolata anche la materia del «consenso informato»: secondo l’art. 3, co. 4, Legge 22 dicembre 2017, n. 219, nel caso in cui sia stato nominato un amministratore di sostegno la cui nomina preveda la «rappresentanza esclusiva in ambito sanitario», il consenso informato è espresso o rifiutato «anche dall’amministratore di sostegno» ovvero «… solo da quest’ultimo, tenendo conto della volontà del beneficiario, in relazione al suo grado di capacità di intendere e di volere». Una recentissima sentenza della Corte Costituzionale (la n. 144 del 2019) ha affermato la legittimità di tale disposizione, precisando tuttavia che la «rappresentanza esclusiva in ambito sanitario» non porta «con sé, anche e necessariamente, il potere di rifiutare i trattamenti sanitari necessari al mantenimento in vita». Secondo la Corte, si tratta infatti di un potere che deve essere conferito dal Giudice Tutelare all’amministratore, in occasione della nomina o successivamente, laddove il decorso della patologia del beneficiario specificamente lo richieda. In altri termini, l’amministratore di sostegno – anche ove incaricato nel decreto di nomina di rappresentanza in materia sanitaria – non può “automaticamente” rifiutare i trattamenti salva-vita, a meno che ciò non sia espressamente previsto dal Tribunale (nel decreto o successivamente). In conclusione, anche alla luce di questa (necessariamente breve) panoramica sulla materia, si può rispondere al quesito iniziale: come deve comportarsi l’amministratore di sostegno nel caso il proprio assistito voglia farsi cremare e far disperdere le proprie ceneri? Naturalmente, il beneficiario può senz’altro iscriversi ad un’associazione riconosciuta che abbia fra i propri fini statutari quello della cremazione dei propri associati: si tratta di un atto “personalissimo” certamente non vietato al soggetto amministrato. Nondimeno, laddove ciò non sia avvenuto (o non sia più possibile per varie ragioni), l’amministratore di sostegno non può – in linea di principio – esprimere una simile volontà in nome e per conto del beneficiario. Il quadro normativo – sia a livello nazionale, sia a livello locale – non è infatti stato aggiornato alle modifiche legislative della L. 6/2004 e pare francamente difficile riconoscere in via interpretativa un simile potere. Al riguardo, si deve osservare che nel 2014 è stato presentato il disegno di legge n. 1611 di riordino complessivo della disciplina delle attività funerarie: l’art. 18 prevede che – in difetto di coniuge o di un parente più prossimo (come individuato dal codice civile) – la dichiarazione sulla volontà di cremazione possa essere resa dall’amministratore di sostegno, anche quando tale incarico non risulti compreso nel decreto di nomina. Tuttavia, tale disegno di legge, dopo vari passaggi parlamentari, è stato esaminato per l’ultima volta l’11 ottobre 2017 in Commissione al Senato, ma non è stato ancora approvato. In sintesi, ad oggi l’unica possibilità per l’amministratore di sostegno di esprimere tale volontà (anche, ad es., attraverso l’iscrizione ad un’associazione riconosciuta) deve necessariamente essere autorizzata dal Giudice Tutelare, o nel decreto di nomina, o successivamente. |
Rinnovo organi statutari |
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Il 13 aprile, in occasione della Assemblea generale 2019 si sono tenute le elezioni per la nuova composizione del Consiglio Direttivo: I componenti del nuovo Direttivo per il triennio 2019-2021 sono i seguenti:
Burger Alois (uscente) |
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